Curatore d'Arte

Ormo Sanat Galerisi


Ormo Sanat Galerisi, Italyan sanatçi Pasquale “Nero” Galante’ nin eserlerinden olusan bir seçkiye ev sahipligi yapiyor. Galante’ nin eserleri için sunlar söylenebilir… Galante’ninki yanip tutusan bir gerçek: malzeme mükemmellestirilecek bir sey birakmiyor ve bazen acimasiz bir sekilde pörsümüs vücutlari, kirisiklari ve gözyaslarini bütün çiplakligiyla gözümüze sokuyor. Kaotik bir dogayla dökülen kent peyzajlari iç içe geçiyor, ama verdigi izlenim çöküs degil. Tam tersine Galante’nin resmi insani görkemli bir kutsallik duygusuyla sariyor. Mükemmeli, zoraki eglenceyi, ebedi bedensel gençligi bulmaya çalismanin bos kaygisi terk edilince, insan deneyim ve duygularin olusturdugu gerçek dogasi ile bas basa kaliyor. O yüzden birbirine girmis renklerle dolu bir tablo, yararsiz ayrintilar içinde kaybolmak olurdu: halbuki bellek basit tonlardan, birbirine geçmis sonsuz nüanslari da olsa, asla fazla asiriya kaçmayan beyazlar ve siyahlardan olusuyor. Kisaca Galante’nin resimlerinde her sey kutsal. Çünkü her sey gerçek; insan vicdani denen sonsuz ve hiç degismeyen gerçegi yansitiyor. Kutsal olan aslinda gerçegin olumlu tarafi… gücü evrenselliginde. Kutsal olduguna hükmedilen bir sey karsisinda duyulan sadece hayranlik degil, ayni zamanda paylasma duygusu. Galante’nin resimleri de kendi içlerinde iki farkli boyuta sahip: izleyen kisiyle gerçek imgelerin üzerine bir tül çeken sisler arasindaki bosluk, hemen yani basimizda duran, her günkü sinirli ve ürkek gerçeklerimiz. Yine o sisler ve imge arasinda kalan ve izledikçe yavasça beliren, yüzünü gösteren bosluk ise insanin ihtiyaç duydugu, sonsuz ve ebedi gerçek; varolmanin bagislayici ve hosgörülü ödülü. Iste bu nedenle resimlerdeki sönük ve pörsümüs etlerden yansiyan hüzün veya korku degil, tam tersine insanligin her daim paylastigi saf hiyerofani. Cecilia Paolini Bu sergi, NeoArtGallery Associazione Culturale adina sanat yönetmeni FERDAN YUSUFI, ANGELO ANDRUIOLO, GIORGIO BERTOZZI katkilariyla düzenlenmistir.

“Lo stupore che lo spettatore ha di fronte all’opera d’arte è solo una piccola porzione del senso del sublime che l’artista sente di fronte alla propria ispirazione. Una volta un saggio mi disse: “tu dici che questo dipinto è pura meraviglia perché non conosci l’immagine iniziale che l’ha prodotto!”. La distanza che si crea tra l’ispirazione, qualitativamente infinita, e l’opera creata, quantitativamente finita, è più che proporzionale alla distanza che si crea tra il dipinto e il senso di smarrimento provato dallo spettatore: in entrambi i casi, è questa distanza che crea il sentimento del sublime, vera essenza dell’Arte.
Nelle opere di Galante questa barriera è palesata attraverso velature che si interpongono tra l’osservatore e il soggetto dipinto, come ad avvertire che l’immagine, per quanto possa incantare, non è mai sufficiente, perché la verità risiede altrove, nel percorso che l’occhio deve compiere per far intuire alla mente ciò che eternamente e infinitamente è. Dunque il gesto di nascondere l’immagine, anche se attraverso trasparenze, non esprime una negazione dell’atto pittorico, piuttosto una funzionale barriera per obbligare l’occhio e la mente a cogliere il giusto tempo, perché la comprensione della verità non può avvenire d’improvviso e l’immagine senza l’osservazione non è nulla.
La verità di Galante è struggente: il dato materiale non lascia spazio a perfezionamenti e in modo a volte crudele mostra una realtà di corpi molli, rughe e lacrime, una Natura caotica alternata a paesaggi urbani cadenti; incredibilmente, l’impressione che se ne trae non è, però, di decadenza, al contrario la pittura di Galante persuade a un senso di solenne sacralità. Abbandonare l’ansia della perfezione, del divertimento coatto, dell’eterna giovinezza corporea mostra all’uomo propria vera natura, che è esperienza e sensazione. Per questo una tavolozza colma di cromie sarebbe di disturbo, come indugiare in dettagli inutili: la memoria è composta di tonalità semplici, di bruni e di bianchi, con infinite sfumature, ma senza troppi orpelli.
Dunque nei dipinti di Galante tutto è sacro perché tutto è vero, di quella realtà immutabile e infinita che è la coscienza umana. Sacro è ciò a cui si è conferita conformità positiva del dato reale e il suo potere risiede nel riconoscimento universale; il sentimento che si prova davanti a qualcosa che si giudica sacra è non solo ammirazione, ma partecipazione. I dipinti di Galante, dunque, riassumono in sé due dimensioni: lo spazio tra l’osservatore e le velature che confondono le vere immagini è la realtà contingente, limitata e fuggevole del quotidiano; lo spazio tra quelle stesse velature e l’immagine che pian piano si svela è la realtà necessaria, infinita ed eterna della condizione umana in cui tutti si riconoscono, simbolo di una indulgente gratificazione esistenziale. Ecco che, quindi, la manifestazione di carni spente e molli non suscita tristezza o spavento, al contrario è pura ierofania a cui l’intera umanità da sempre partecipa.
(Cecilia Paolini)

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