Curatore d'Arte

Il Labirinto di Viola di Massimo

Ad ogni passo un Minotauro di Viola Di Massimo Specifiche tecniche:
Labirinto classico, 515 pietre;
Misure: 7.90 per 6.90 metri, l’entrata è ad ovest ed è stato realizzato il 18-19-20-21 marzo 2015 durante l’eclissi di sole e l’equinozio di primavera;
Percorso: 140 metri circa andata e ritorno. All’entrata due piccoli menhir con una scritta realizzata in un alfabeto sconosciuto;
Titolo: Ad ogni passo un Minotauro; 
Luogo: Sorti, Pieve Torina (MC);
 Autore: Viola Di Massimo; 
Costruttori: Andrea Amato, Viola Di Massimo;
Viola Di Massimo per questa sua opera, crea un labirinto classico a sette circuiti: qualcosa di profondamente antico trovato in civiltà talmente distanti fra loro da non comprendere come si sia potuto creare una forma simile a distanza così estesa di spazio e tempo.
L’artista legge “I misteri della Cattedrale di Chartres” di Louis Charpentier in cui si parla del labirinto della cattedrale, rimanendone colpita:
Un cammino scritto sul suolo… e forse una lenta evoluzione dell’uomo che lo percorre.
E ancora…
I gitani danzano a piedi nudi sulla terra.
E ancora…
Giunto al centro del labirinto, dopo averlo percorso ritualmente, dopo averlo “danzato”, l’uomo sarà trasformato, nel senso dell’apertura intuitiva alle leggi e alle armonie naturali; armonie e leggi che forse non comprenderà, ma che sentirà in sé, con le quali sarà solidale (…)
Rispetto per la terra, i piedi scalzi, le danze “telluriche”, l’evoluzione dell’uomo, trasformazione, c’è qualcosa che la colpisce profondamente e che le appartiene da sempre tanto da sentire l’urgente bisogno di costruire un labirinto.
Con l’aiuto esperto di Andrea Amato inizia la costruzione e ci rivela che si muove come una dei gargantuata (Charpentier spiega che il Gargantua era il portatore di pietre sacre, il gigante delle
pietre; i gargantuata erano le tribù delle pietre giganti) e trasporta, affaticata e fiera, pietre e pietre profondamente orgogliosa di volersi sentire, immaginare, parte di questa tribù.
Un’opera inizia sempre dall’idea che si insinua, dall’ossessione che ne viene fuori, dal bisogno improrogabile per poi continuare con la realizzazione e, come ogni volta, procede con tutta la forza che ha -in questo caso- per sollevare la prima pietra fino all’ultima, con la medesima, inalterata, motivazione.
515 pietre posizionate una dietro l’altra: persevera nella costruzione pietra dopo pietra, ma nel frattempo dubita di sé e dell’opera perché un labirinto viene da uomini lontani, appartiene alla terra, è sempre stato della terra e anche le pietre che lo compongono lo sono e lo sanno, ma nonostante i pensieri bui e i dubbi, decide di andare avanti perché prende atto del fatto che proprio i dubbi e i timori fanno parte di questo percorso. Nei tanti labirinti antichi al centro c’era sempre rappresentata l’immagine di un cavaliere che uccideva il Minotauro. Si dice che il Minotauro corrisponda alle nostre paure, al nostro buio. Forse spesso non abbiamo voluto intraprendere il viaggio al centro di noi stessi, molte altre volte invece abbiamo avuto il coraggio di farlo, infinite altre lo faremo ancora per sconfiggere il buio dentro di noi, ritrovare il proprio credo, il proprio altrove, e ritrovarci ogni volta.
Mentre l’artista carica e sistema pietre con cura, mentre i dubbi (o i Minotauri), continuano a confondere la sua mente è comunque sempre più convinta: vale la pena l’intraprendere il viaggio, trovare il centro e… non ascoltare i Minotauri.
“Ho trasportato pietre, anche se non sono un gigante, per costruire un percorso che somiglia ad infiniti altri, ma in realtà, forse, ad uno solo.”
All’entrata Viola ricopre due piccoli menhir di circa 60cm di altezza di una scritta sconosciuta che usa spesso nei dipinti, un alfabeto che è in sintonia con la pietra, con le rotondità della natura e con la terra, come per completare l’atto avvenuto e renderlo eterno.
Dipinge una pietra iniziale con una figura femminile dall’incarnato lunare, quasi una ninfa nata in quel luogo di neve sole e pioggia, col compito di proteggere il viaggiatore. Su alcune pietre che compongono il percorso spiccano dipinte perle di collana color nero marte: simbolo di momenti, frammenti di vita, trasformazioni.
Bene, il labirinto è finito, ma l’autrice sente che le sfugge qualcosa e, come quasi sempre accade quando realizza un’opera, ogni notte l’opera-labirinto le viene in sogno come un tormento e ne costruisce infiniti altri tante e tante volte, in luoghi e spazi diversi, con colori e materie diversi, l’ossessione non desiste:
“E’ estenuante perché nel sogno tutto è sempre vero, fatica compresa.
L’ossessione non si è placata fino a quando una notte vidi chiaramente che il Minotauro non era nel centro, ma era dietro ad ogni pietra, esattamente dietro ogni passo che compivo. Ho ripensato al mio dubbio e alle mie paure sul senso dell’opera che mi hanno accompagnata ad ogni passo durante la costruzione, ed allora ho capito che il vero centro è nel viaggio e la mia opera, finalmente, ha trovato identità, pace e titolo.
Ora non mi rimane che percorrerlo e la trasformazione, l’opera, sarà compiuta.”
F.M.
Ad ogni passo un Minotauro

Finisco il labirinto entrandoci dentro, divento un dipinto: indosso il cappello rosso, il vestito nero e la collana più lunga che ho perché da oggi avrà una perla in più, una trasformazione in più.
Lascio la scarpa all’entrata davanti ai menhir (una la tengo perché è il mio contatto con il reale e la terra). Sono altro, inizio a camminare, sento i Minotauri che si attaccano alle caviglie, che dicono di fermarmi, che sbaglio, che non servo, assieme altri lamenti che si impastano fra loro come suoni
lontani, ma io ad ogni passo trovo il mio centro e, vado avanti, con lentezza, perché devo sentire l’erba sotto i piedi, il mio viaggio, quello di tutti.
Sento la terra, chi ci vive e ci ha vissuto, sento l’umido del terreno, i suoi abitanti. Il sole, l’aria che sfiora, cammino adagio e attenta verso il centro.
Ad ogni passo un Minotauro, paura fatica e tormenti entrano nella mia parte reale e irreale, ancora strada, 60 metri: una vita.
Eccolo il centro, la mia sedia viola mi aspetta e anche il mio cuore nero. Con lentezza mi siedo, mi tolgo il cappello perché nel centro la realtà e l’irrealtà si fondono: sono verità tutte e due.
Vivo la sedia e il momento come l’unione di passato futuro e presente in un atto e una forma unica.
Rimango lì ore o forse secondi, non importa, sta accadendo qualcosa e tutto diviene suono.
Adesso devo tornare, dicono che una volta tornati si avrà una consapevolezza nuova, non so se sarà così ma vivo il ritorno come un altro viaggio. I Minotauri non mi attaccano, hanno rispetto per il fatto che io sia andata avanti e li abbia sconfitti, mi lasciano passare.
L’ultimo Minotauro prima di uscire mi ferma e mi dona una perla in più da inserire nella mia lunga collana, non dice nulla, ma conosco bene l’importanza del dono: un’altra perla nera fondamentale per la mia collana perché lì dentro è accaduto qualcosa, è contenuta una trasformazione.
Esco, mi volto e guardo il labirinto, guardo il mio viaggio o quello di tutti, leggo la scrittura sui menhir e sorrido. Mi infilo la scarpa per tornare completamente alla realtà e penso che ad ogni passo che farò ancora e ovunque, troverò un Minotauro, ma poi penso che ora so qualcosa in più: il vero centro, è nel viaggio.
L’opera è compiuta. Viola
www.violadimassimo.com

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