I dipinti di Seher Ozinan sono di una raffinatezza che immediatamente si apprezza senza necessita di quei commenti che spesso più che avvicinare allontanano lo spettatore dall’opera che sta ammirando. Ma in questo caso è impossibile allontanarsi, gli occhi delle donne che ti guardano da questo Harem su tela sono occhi che calamitano chiunque, anche chi si fosse avvicinato ai dipinti con la mente distratta da lontani pensieri. Quegli occhi sono magnetici perché dichiarano, nascondendo, tutta la storia di queste donne abituate e costrette ad una vita di intrighi spietati. Dagli occhi dipinti da Seher non vorresti mai staccare lo sguardo tanta è il fascino magico che emanano, tanta è la forza. Solo negli occhi dipinti del grande Nuri Iyem ho visto la stessa intensità.
Dall’arabo: حريم, Ḥarīm ‘propriamente “luogo inviolabile”, l’Harem indica il gineceo: il “luogo riservato” destinato alla vita privata delle donne.
Le disposizioni relative alle donne, frutto di una tradizione antica precedente l’Islam e talvolta di una contaminazione derivante dall’acculturazione con i costumi bizantini, hanno presto comportato nell’ambito della cultura islamica che le donne vivessero, all’interno della casa, in uno spazio loro riservato, cui aveva diritto d’accesso solo l’uomo che, per età, grado di parentela o impossibilità fisica (impotenti o eunuchi), non potesse aver lecitamente rapporti sessuali con la donna.Luoghi riservati alle donne erano anche identificati negli edifici pubblici, cosicché alle donne era ad esempio destinato, se possibile, uno spazio soprastante il luogo di preghiera (musalla) nella moschea, ovvero era loro ritagliato un orario differenziato di accesso rispetto agli uomini che dovevano assolvere l’obbligo canonico della Ṣalāt.Del pari, nei bagni pubblici (ḥammām), le donne potevano accedere in orari diversi da quelli degli uomini (sovente il pomeriggio), oppure in giorni alterni rispetto al sesso maschile.Gli Harem diventarono un’istituzione dagli accentuati riflessi sociali e politici quando erano costituiti dai sovrani dei vari Stati musulmani. Costoro — che avevano l’obbligo di mantenimento dei ginecei dei loro predecessori — amarono ingrandire il più possibile i loro Harem, non solo come ostentazione della loro ricchezza e potenza o della propria personale soddisfazione sensuale, ma anche per poter più facilmente scegliere, fra i tanti figli che le tante concubine gli generavano, quello che a loro arbitrio appariva il più dotato e il più meritevole della successione.A sorvegliare gli Harem erano destinati gli eunuchi che, per il loro altissimo valore pecuniario, costituivano un altro simbolo di ricchezza e di potere. Essi garantivano un controllo dei luoghi senza che ciò comportasse alcun rischio per i loro gelosi padroni.Il ricorso agli eunuchi è praticamente scomparso nelle aree di cultura islamica, sopravvivendo solo nel servizio di sorveglianza e di cura della Ka’ba di Mecca. Anche l’ampiezza dei ginecei si è drasticamente ridotto, permanendo di fatto quasi solo nelle aree dei Emirati del Golfo Persico e dell’Insulindia, anche in considerazione del fatto che in non pochi paesi musulmani la poligamia, nella forma della poliginia, è stata interdetta dalle leggi civili, malgrado essa nel Corano sia invece autorizzata, pur con qualche limite. ( da Wikipedia )
Le opere di Seher Özinan sono simili a miniature di singolare bellezza per la paziente composizione dei dettagli, la fusione cromatica, le eteree sfumature dei fondali e la reale trasparenza dei veli.
Il tutto riproduce, secondo una realtà storica, la bellezza della donna dell’Harem, i suoi delicati abbigliamenti la sembianza di vita serafica o forse rassegnata della donna comprata dal Sultano e al suo servizio esclusivo per la vita. Uno sguardo rivolto all’Harem.Mario Masciullo
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