La particolarissima tecnica pittorica utilizzata unica nel suo genere consiste nell’utilizzare esclusivamente, anche per quadri di grandissime dimensioni, minuscoli pennelli con la punta simile a quella di una penna, soltanto di qualche millimetro. Questa tecnica per quanto molto impegnativa permette all’artista di evidenziare in modo realistico tutti i dettagli del soggetto dipinto. Il risultato sulla tela è tridimensionale. Nel caso del cavallo l’utilizzo di questa tecnica permette di far risaltare sulla tela il manto con tutte le sue molteplice sfumature dando la sensazione a chi lo guarda di accarezzarlo.
Anche nel caso dei ritratti di personaggi la tecnica tridimensionale permette di far venire fuori dalla tela una vera e propria scultura che associa alla bellezza dell’immagine quella dell’anima. Particolarità che nessuna altra tecnica permette di ottenere. Questo è il dono più grande che ha ricevuto l’artista Mariella Sciascera che trasforma nell’esatta immagine artistica la realtà di tutti i soggetti su cui posa gli occhi, una realtà da cui traggono forza e bellezza tutti i suoi quadri.
La sera mi aveva picchiato. Ancora e più forte. Mi svegliai battuta e con il cuore spezzato da un sentimento violento chiamato amore. Volevo vivere per quelle emozioni che resuscitano l’anima, quando anche appare racchiusa in un corpo straziato di lividi, nostalgia e solitudine. Sciolsi i capelli perché non li volevo imprigionare in un fermaglio. Entrai nella stalla e il nitrito del mio cavallo, mi disse ti porterò sulle ali del vento dove i tuoi occhi saranno sazi di meraviglie. Lo montai a pelo, fino ad un’immensa pineta, fitta come nei sogni, frutto della mia mente o altrimenti reale. Era un mattino di luglio e mi ritrovai distesa sulle dune bianche incorniciate dal verde delle chiome degli alberi, lo sguardo all’orizzonte, dissetata dalla cerimonia in cui quel letto di sabbia bianca, fina impalpabile come il borotalco, sposava la trasparenza dell’acqua come un mantello in movimento. Poi al galoppo, sul mio stallone dalla nera criniera che mi accarezzava il viso e i miei occhi azzurri inondati di gocce di cristalli, fino a un viale alberato dove suonava un brano di musica classica. Gli zoccoli bagnati battevano il ritmo calpestando il letto di aghi morti dei pini, alzati dalle mani del vento di un’arpa armoniosa, la lirica delle cicale e il sottofondo di ritorno delle onde che si schiantavano a riva. Era forte il dolore delle mie articolazioni scollate, più forte il profumo di gigli bianchi curati da una invisibile mano, dalla salsedine del mare, dall’odore della resina e degli arbusti che spuntavano dalla terra sporca. Volontà di ebbrezza e forza della disperazione, lanciai il mio grido vitale entrando nell’acqua maledetta, per affogare il tempo trascorso e cedere il passo ad una vita nuova. Il coltello gli aveva spaccato il cuore mentre dormiva accanto a me.