” Libro di Pietre vive”, così Gabriele D’Annunzio definì il Vittoriale, la sua casa museo con il meraviglioso parco, un grande libro da leggere pietra dopo pietra. Il concetto adottato dal Poeta risulta particolarmente efficace per descrivere la produzione artistica di Maria Teresa Sabatiello. Maria Teresa, con una affermazione presuntuosa, dice che le figure delle sue pietre sono scolpite per lei direttamente dal Mare, aggiungendo, con la modestia di chi omaggia una divinità, che, volendo ringraziare il Mare, per Lui le dipinge. Grazie ai colori che, magistralmente, Maria Teresa Sabatiello stende sulle pagine di questo “Libro di pietre vive”, chiunque, ha l’opportunità di vedere le forme modellate dal mare, forme che solo Lei sa distinguere e valorizzare, con la medesima sapienza che permetteva a Michelangelo di individuare già in cava, nel blocco di marmo, le forme che avrebbe ricavato. Davide già era presente nella pietra lavorata dal grande toscano, cosi come: serpenti, mani, volti, maschere, spaccature, impronte, animali, corde, occhi sono già presenti nelle pietre dipinte da Maria Teresa Sabatiello. Pietre più che da leggere. Pietre vive, pietre con l’Anima.
L’ho guardata pensando: “Che strana, ha quasi un nodo…” era la coda di una sirena, l’annodamento il suo tuffo repentino…
La voce di Battiti del Mare: “Mi tuffo perché tu mi segua, perché tu conosca il mio mondo, le sue creature, ti immerga nei suoi misteri. Aggrappati a me e scendiamo…
Attenta a non restare imbrigliata dalla rete gettata dal tuo mondo, tu hai bisogno di risalire. Io no. La mia vita appartiene a mille vite, tutte insieme al Mare. Tu sei umana, per credermi hai bisogno di “prove”… di strumenti…
Bene, raccogli quello stetoscopio, usalo e ascolta i Battiti del Mare…”
…e poi arriva il momento di gettare la maschera. La Maschera che in genere si indossa per celare, in questo caso vuole invece attirare l’attenzione.
Si, perchè se è vero che il Mare scolpisce per me, questa volta ha davvero “esagerato” lasciando su questa Pietra addirittura l’impronta di una mano: la sua?
Come sia possibile che una pietra marina abbia su di sè un simile dettaglio non me lo so spiegare, non c’è una spiegazione “tecnica” per me.
C’è quella del richiamo che ogni volta mi fa “smascherare” un racconto incredibile nascosto in una Pietra.
Piccola, attorcigliata su se stessa, una spirale. Una di quelle forme avvolgenti e “morbide” che non posso non “riconoscere”. Le sue volute mi hanno ricordato subito il cedevole arrendersi di una stoffa lasciata cadere. Ma il racconto era, evidentemente, molto più tortuoso: “Tra le tue visioni, tra le immagini che custodisci, hai un sogno tanto prezioso da volerlo preservare dal buio, dalla dimenticanza? Dalle scalfitture, dalla corrosione e dalla cattiveria? Talmente delicato e caro che per proteggerlo hai bisogno di un manto leggero che lo avvolga, ma lo lasci respirare… vivere… Bene, se un Sogno vive in te, tienilo stretto. Afferralo come quella mano che sbucando dalle onde del Mare e della stoffa del vestito di una ballerina, s’impadronisce con forza della scarpetta.
Il suo Sogno”.
La voce de LaMiaDama racconta: “Mi hai riconosciuta subito, è stato un po’ come essersi già incontrate. In un altro luogo? In un altro tempo? La gioia con la quale hai percepito in me la delicatezza di una Dama in una Pietra adagiata sulla riva del tuo Mare, la comprendiamo appieno solo io e te… Lui mi ha scolpita, pettinata, vestita, ma anche dipinta questa volta, e tu hai onorato il Suo colore facendone nastri e merletti… E seguendo quelle marine pennellate bianche, mi hai vestita e pettinata anche tu…”
La voce de I Colori del Peccato: “Mi hai guardata a lungo su quella spiaggia, una forma semplice… eppure ne eri attratta. Come spesso ti accade, anche quella volta le tue mani sono venute in soccorso agli occhi per “vedere” meglio la mia sagoma “facile”. Così ho parlato alle tue dita che scorrendomi hanno scoperto quelle mele… le “gradazioni” del Peccato. C’è la debolezza che si commette ogni giorno, senza rendersene conto: la mela verde. C’è il peccato che non vale nemmeno la pena compiere, la mela gialla: intatta. Poi hai scoperto la trasgressione, quella vera, che ti trascina d’impeto. In tutto questo i miei serpenti accompagnano, segnano la strada…
E tu, Maria Teresa… ora metti la mela rossa al suo posto, mi sono accorta che l’hai morsa…”
Una pietra dalla forma talmente “decisa”, così particolare. L’ho raccolta per questo, il suo significato l’ho capito dopo.
La voce di Cancro mi racconta: “Capita di imbattersi in sguardi che catturano, che costringono a reggerne il confronto continuamente, per quanto sono affascinanti. Tanto ammalianti da esserne completamente imprigionati. E quando l’attrazione è così potente, bene e male non esistono più, si viene travolti… Garda bene quegli occhi verso i quali ti stai “inoltrando”, osserva quelle che appaiono come ciglia… non lo sono. Sono denti. E quelle palpebre, non lo sono. Sono ganasce pronte a divorarti.
E a questo punto non è detto che tu voglia fuggirne…”
Una pietra poggiata nel mio studio per tanto tempo quasi volesse dare priorità ad altre.
Praticamente in disparte, catturava ogni tanto il mio sguardo, richiamando a suo modo l’attenzione.
Fino a quando, un giorno di gennaio, l’ho sollevata e poggiata sul tornio. Era arrivato il suo momento di raccontare…
“C’era una volta un Re che aveva perso la testa del suo scettro e… nel raccoglierla il mantello gli scivolò via dalle spalle… e nel raccoglierlo lo scudo cadde rovinosamente a terra e… nel raccoglierlo la corona gli sfuggì dal capo… E fu così che…
C’era una volta un Re.”
“Legati”, “allacciati” o semplicemente accostati… appartenenza vera o semplice legaccio… caduti nella rete o artefici di una “maglia” che volutamente ingabbia…