Cominciata forse come una sorta di fuga dalla realtà contingente, l’appassionata marcia di Ugo Cossu alla riscoperta delle sculture essenziali, potenti, primordiali delle antiche civiltà, dalla egizia alla cicladica e all’azteca, solo per dirne alcune, è poi diventata una discesa alla ricerca di valori archetipi e sacrali che hanno una validità universale non legata ad una scansione cronologica del tempo (il passato, il presente, il futuro) ma semmai a fondamenti biologici, spirituali e fisici che non possono essere scardinati e distrutti senza tragiche conseguenze per la sopravvivenza dello stesso genere umano.
Consapevole del fatto che la civiltà di oggi si è messa da tempo su questa china pericolosa, Cossu chiama in causa con la sua scultura una fisicità metamorfica che diventa correlativo oggettivo dei più alti equilibri naturali poi in parte rispecchiati dai codici etici e sociali dell’umanità.(…) Anche dai suoi quadri (per certi aspetti memori della pittura ‘totemica’ di Lam e dell’Afro postcubista), le cui enigmatiche presenze sono fortemente plastiche e volumetriche e quindi tipiche di uno scultore, promana la volontà di un racconto evocativo poi inserito in un contesto quasi scenografico ed architettonico, spesso di ampio respiro.(…) Durante i suoi numerosi viaggi in Europa e nel centro America, Cossu ha assorbito avidamente la lezione di essenziale potenza plastica trasmessa, in modi diversi, dall’arte egizia, cicladica, azteca, nuragica, romanica e poi lungo il 900 da Brancusi, Boccioni, Archipenko, Julio Gonzàlez, Picasso, Giacometti, Moore, Marini, Nivola. Se a ciò aggiungiamo il suo forte interesse per la scultura magico-rituale africana ne emerge un inventario di forme e di invenzioni da far tremare le vene dei polsi.(…) Nella maggior parte delle opere di Cossu domina una ieraticità totemica dalla potente perentorietà, scarna, tetragona, ma senza dubbio fra le sue sculture più riuscite spiccano anche quelle mosse da una tensione interna che si fa dinamismo propulsivo non tanto in senso fisico quanto piuttosto in direzione psicologica ed interiore.(…)
Nel loro complesso le forme primordiali e pur mutanti di Cossu, tese verso l’avvenire, sembrano chiedere silenziosamente, con la loro pura presenza, un ritorno dell’umanità sul sentiero della semplicità, dell’autenticità, della naturalezza.(…) L’artista sardo, paladino della coscienza storica della forma, non ha paura di sentirsi definire ‘inattuale’ perché oggi, per sfuggire alle spire soffocanti del tentacolare sistema dell’arte con le sue mode effimere e con l’ossessione del nuovo ad ogni costo, è necessario proprio un sincero e costante ‘elogio dell’inattualità’ volta anche alla chiarezza e alla trasparenza etica. Col passare del tempo Cossu, sapiente demiurgo dei materiali più diversi, sta dando maggiore centralità alla sua aspirazione di disegnare nello spazio soprattutto con le sculture in ferro (la serie dei Mezzi busti, ad esempio) che trasformano in leggera sostanza plastica perfino il vuoto integrato alle forme ma pur non privato della sua ariosità. Col ferro Cossu costruisce ed assembla, non modella (come avviene con l’argilla) né scolpisce (come accade con il marmo). E tale impulso costruttivo sembra quasi favorire un rapporto architettonico con lo spazio e non più soltanto scultoreo.(…) Nella sua costante proposta di un rinnovato e più equilibrato rapporto fra esseri umani e natura Cossu ha scelto di mettere mano ad una polifonica varietà di tecniche, materiali e soluzioni compositive che sembrano garantire la libertà più assoluta e pure la possibilità di sfuggire a qualsiasi meccanismo di facile ripetizione. L’artista cerca con tutti i mezzi di non cristallizzare le sue sculture in uno stile immutabile ma di innervarle almeno con un barlume di vitalità che trova il suo più alto modello, sia pur non mimetico, proprio nelle forme naturali.(…) Gabriele Simongini 2009