Antonella Catini Esplorazioni Urbane
Il tema del paesaggio urbano, della forma della città, dello spazio, è una costante nei lavori di Antonella Catini, e non solo in quanto architetto, ma perché ha impostato il proprio linguaggio sui valori della chiarezza compositiva e della nitidezza d’impianto. Dal contenitore della propria esperienza metodologica di progettista, più che direttamente dall’immaginario iconografico dell’architettura, l’autrice ha recuperato la logica di intervento, che conforma sia la stesura materica sia i segni. Nello specifico l’autrice traccia ideali solchi sulla tela bianca, linee fondative di siti ipotizzati con la mente e luoghi vagheggiati, come le città di Calvino. Il ciclo di Città in movimento costituisce una modalità interpretativa di un contesto solo immaginato, un’ermeneutica per capire e prefigurare il suo eventuale grado di trasformabilità, un modo di ragionare sullo spazio costruito attraverso addizioni, addensamenti, deformazioni e ripetizione di elementi. Realizzare nuovi scenari antropici, sebbene attraverso un processo astratto, implica un lavoro analitico e compositivo, la coniugazione di razionalità e di sensibilità poetica. Il suo orizzonte espressivo si concentra pertanto sulla riflessione teorica, sulla fisicità oggettuale dell’opera e sul rapporto manufatto-intorno.
Sia chiaro quelle di Antonella Catini non sono idee o espressioni architettoniche rese in forma pittorica in quanto la valenza costruttiva si ferma al confine del simbolico, rifiutando la dimensione allegorica e surreale. Lo sconfinamento disciplinare si limita all’idea di spazio come profondita’ che, grazie alla tecnica pittorica, è resa come fluidità che tenta di oltrepassare il confine del ‘finito’, la soglia della pura visibilita’. L’opera – una scansione tra pieni e vuoti contrapposta a masse passanti, una morfologia di elementi che ora si compenetrano e ora si respingono – ci mostra la verità dalla parte di quanto è celato, dove la varietà e la molteplicità rappresentano la vera qualità spaziale. Nella poetica delle visioni contrapposte, di astrazione e rappresentazione, unicità e molteplicità, la materia assume sorprendenti sembianze di natura e di edilizia, di memorie e di miraggi. La sua idea di pittura, ora plasmata in una condizione magmatica ora stesa con sequenze ordinate di colore, viaggia in parallelo con quella di spazio urbano e di rapporto dello stesso con il paesaggio, di centro e periferia, e trova il suo proprio significato nei valori della diversità e del contrasto, nella dualità presenza-assenza, denso-rarefatto.
Nello specifico l’architettura e la pittura, più che dal realismo dei segni, sono uniti dalla visione ideale, dalle suggestioni e dalla contaminazione dei processi. Il corto circuito tra linguaggi e metodi rivela affinità e differenze, appartenenze e scollamenti, valenze condivise e slittamenti. In comune l’interesse per la metamorfosi, lo spazio di vita e la sua trasformazione. Tutto è orientato in questa funzione in divenire: la tensione compositiva che compenetra i piani, la scomponibilità ed articolazione degli elementi, la modularità e la discontinuità delle parti.
Per acquisire gli strumenti della comunicazione artistica Antonella Catini si è dovuta allontanare della rappresentazione specialistica dell’architettura, che peraltro utilizza correntemente in altre esperienze, ricercando modalità comunicative e significati universali, combinando memorie proprie ed archetipi collettivi. In quanto artista individua matrici procedurali che consentano maggiori libertà poetiche e flessibilità espressive, e in quanto architetto cerca una revisione dei modelli operativi per iniziare una riflessione teorica, soprattutto in merito alla divaricazione esistente tra ideazione e prassi concreta.
Nel quadro si rintraccia una forte razionalità compositiva nel trattamento della superficie; lo spartito geometrico, definito da uno schema per punti nodali, allude alla misurabilità dello spazio ed è espressione di rigore nella definizione del processo. Le calibrate autolimitazioni contaminano gli opposti: tratti ordinati e automatismo del segno, morfogenesi e grafemi informali, conservazione e mutamento, artificio e natura. All’interesse per una matrice concettuale, al limite del minimalismo, Antonella Catini contrappone, per contrasto, l’adesione al “non finito” e alla legge del caos, intesa come caratteristica dei sistemi dinamici, ponendosi in sintonia con le correnti astratte ed espressioniste dell’Avanguardia Storica ed dell’Action Painting.
Il magistero tecnico, la sensibilità cromatica e l’eleganza del segno sono le cifre distintive del suo lavoro; l’artista, che non insegue schemi compositivi fissi, forma nuove polarità morfologiche innestando sull’impianto rigoroso la logica del frammento. Una operazione di stratificazione e de-costruzione in cui la materia, pregnante e spontanea, trova nuove forme liberatorie. L’effetto working-progress con addizioni e sottrazioni continue, non determina una visione univoca e una saturazione definitiva, anzi l’opera è precaria, instabile, suscettibile di nuove metamorfosi. Nell’essenzialità del segno le stesure di colore, stratificate con voluta irregolarità, creano profondità e sconfinamenti, mentre le figure compenetrandosi tendono alla dissolvenza. Attraverso la luce-colore, Antonella Catini incontra lo spazio-tempo e quindi di nuovo l’architettura: lo spazio come profondità di campo e come composizione combinatoria di morfologie; il tempo come esito del processo realizzativo.
Massimo Locci