Realismo e visionarietà trovano nell’opera pittorica di Sandro Becucci-“Tolemaios” un inusuale terreno d’incontro tramutando l’ideale contrapposizione in speciale empatia. Al lume della mitologia, della storia, dell’arte, della conoscenza di culture e religioni diverse, il nostro Tolemaios formula un simbolismo rinnovato nei propri termini espressivi negando quel verbo antirealista che lo ha contraddistinto nel suo itinere e soprattutto negando il distanziarsi dalle problematiche sociali e morali che qui invece informano il pensiero dell’artista. Come un alchimista costruisce la forza evocativa dell’immagine dal crogiuolo di una molteplicità di suggestioni, anche antinomiche, e la stessa teatralità , così connaturata alla sua cifra, appare fondarsi sul connubio tra sacralità e sacrilegio. Questo sapore aleggia in ogni sua mise-en-scène arricchito e nutrito anche dal suo precedente percorso di raffinato creatore di maschere da cui deriva il gusto di impreziosire lo spartito compositivo di dettagli architettonici o decorativi e di omaggi a modelli iconografici – ora riletti e modificati, ora volutamente esplicitati – desunti prevalentemente dall’arte classica e dal barocco. Il ciclo delle “sante sospese” diviene emblematico di una ricerca costantemente rivolta ad armonizzare le incoerenze: come atto di accusa verso ogni dogmatizzazione, sempre strumentale, come riconoscimento e celebrazione della complessità della natura umana, e femminea in particolare, come liberalizzazione di qualunque dogana culturale. In ciò l’artista si riappropria del ruolo che gli compete facendosi interprete del proprio mondo e del proprio tempo e intanto gettando, attraverso la sua opera, un ponte ideale tra archetipo e contemporaneità. Le sue Sante – che, come lui stesso scrive, sono anche streghe, sacerdotesse, maghe o vestali – nella loro carnale bellezza – perchè è evidente la scelta dell’avvenente modello di femminilità – ricongiungono una concezione di classicità ad una di assoluta attualità: in fondo tutte e due stereotipi ma rivisitati, nella loro contestualizzazione scenica, per amalgamare sensualità e spiritualità, per riconnettere cultura e istinto, anima e materia, come valori che ci appartengono in ugual misura anzichè comunicare significati di senso opposto.Dramma e irriverenza si combinano nella poetica di Becucci perchè all’impegno della pratica pittorica, alla consapevolezza dell’azzardo tematico e filosofico, fa coincidere la leggerezza di un sorriso ironico. Alla fine il simbolismo delle sue narrazioni riconduce sempre al superamento del ricorrente dualismo: lo abbiamo visto tra angelico e demoniaco, religione e paganesimo, teatro e realtà, ma anche, nel verso pittorico, tra luce e ombra, citazione e invenzione, e qui si configura in donne aureolate “sospese”, come lui stesso dice, in una dimensione che è insieme estasi e orgasmo. Appartengono allo stesso clima, in questa loro immagine pittoricamente sontuosa e trasgressiva, delle parole di Marina Cvetaeva quando scrive che l’anima per l’uomo comune è il vertice della spiritualità e per l’uomo spirituale “è quasi carne”. Roberta Fiorini
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Tiziana Rinaldi Giacometti nasce a Roma, vive e lavora a Cerveteri. Ha conseguito una laurea magistrale in pittura con lode presso l’accademia di belle arti di Roma. Nel corso del 2013 vince, nella stessa sede, una borsa di studio come assistente di laboratorio. Nel 2014 Vince la quinta edizione del premio Internazionale Limen
Cominciata forse come una sorta di fuga dalla realtà contingente, l’appassionata marcia di Ugo Cossu alla riscoperta delle sculture essenziali, potenti, primordiali delle antiche civiltà, dalla egizia alla cicladica e all’azteca, solo per dirne alcune, è poi diventata una discesa alla ricerca di valori archetipi e