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vicoli _ ciechi _ prima dell’aurora

Giovedì 11 maggio 2023 alle ore 17.30 sarà inaugurata la mostra 

vicoli_ ciechi_ prima dell’aurora

 di Aurora Maletik,  nell’ambito di “ Futura, la Puglia per la parità” 

 

 

 un progetto dell’Associazione culturale TerraNova  sostenuto dal Consiglio Regionale della Puglia con “ Futura, la Puglia per la parità” (bando finalizzato a diffondere i temi di parità di genere mediante la realizzazione di progetti culturali che consentano la comprensione della dimensione della disparità tra i generi e la decostruzione degli stereotipi). 

All’inaugurazione saranno presenti:

Loredana Capone,  Presidente del Consiglio Regionale della Puglia

Anna Vita Perrone,  Dirigente della Sezione Biblioteca e comunicazione istituzionale del Consiglio Regionale della Puglia

Rossella Mazzotta,  Presidente Associazione culturale TerraNova

Maria Angelastri, Storica dell’arte dell”Accademia di Belle Arti di Bari

In questo progetto, che propone una riflessione sulla figura delle donne, Aurora Maletik utilizza il mezzo fotografico per realizzare ritratti e autoritratti dall’allure surreale, immagini intimiste e concettuali di grande intensità, da cui spiccano grazia e al contempo malinconia, e che usa come metafora della vita.

L’arte fotografica diviene, in questo percorso, uno strumento rappresentativo adeguato alla conoscenza della genesi culturale, antropologica ed evolutiva della condizione femminile.

L’associazione culturale TerraNova sempre attenta a queste problematiche nel suo lungo percorso culturale e sociale, promuove i valori dell’uguaglianza e crede nella cultura come fonte di consapevolezza ed emancipazione.

La mostra, allestita presso il Palazzo del Consiglio Regionale della Puglia, via Gentile 52 – Bari,

sarà visitabile fino al 31 maggio 2023 dalle ore 9.00 alle 18.00 dal lunedì al venerdi.

Accesso libero e gratuito.

 

Vicoli ciechi. Prima dell’aurora.

Apparentemente tutto è ben in vista, eppure tutto sfugge alle nostre abituali percezioni, se cominciamo a
guardare il mondo con gli occhi di Aurora Maletik. Occorre seguirla fin dal mattino della sua infanzia e
sapere del riverbero che la bellezza della musica suscitava in lei ad ogni risveglio. Sarebbe un buon inizio
per capire come continui a riaccadere oggi quella prima fascinazione attraverso il medium fotografico.
Tuttavia, dove trovare ancora questa bellezza, potremmo chiederci, nel mezzo dell’oscurità del nostro
presente? Forse basterebbe guardare la realtà in modo diretto senza alcuna precostituita decisione. Ma noi
che non abbiamo un occhio innocente, possiamo solo predisporci a intravedere piuttosto che afferrare la
consistenza di ogni immagine. D’altra parte cos’è in fondo una foto se non una superficie dove le cose e le
azioni si declinano al passato?
E fatalmente proprio di immagini già viste su ben altri schermi, attinte dal cinema, dalle foto pubblicitarie
degli anni Cinquanta e Sessanta, dalla storia della pittura, si nutre Aurora, preparando al clic della sua
macchina l’artificio di un setting attentamente studiato. Difficile arrestarsi all’idea che l’occhio ‘meccanico’
della nostra fotografa abbia esaurito il suo compito nel duplicare la realtà, ma è proprio questo che occorre
fare: pensare la superficie come inesauribile.
Perché se è vero che non si può scongiurare la seduzione di ogni immagine, ci sarà sempre spazio per chi,
come lei, voglia correre il rischio dell’esposizione, mettendo a nudo la soggettività del suo sguardo. E, a ben
vedere, è questo il ‘rischio’ che sceglie Aurora, rivelando una volontà insaziabile di corporeità, proprio là
dove il corpo sfugge ad ogni tentativo di prensilità. «Come una lente che si avvicina a una miniatura e poi se
ne allontana», ricordando Calvino, ogni foto diventa ai nostri occhi l’occasione per evocare il fantasma del
desiderio.
Eppure le sue donne travestite, duplicate, moltiplicate hanno un’unica pretesa: mancare all’appuntamento
con il voyeur di turno, filtrare ogni calcolata intrusione nella loro intimità. Al dominio della sensualità,
infatti, si interpongono frammenti di una realtà ricreata in un cortocircuito tra nostalgia e ironia. Così
ombre e luci, specchi e oggetti, sono strumenti/ segni indicatori di qualcosa che si sottrae a definitive
spiegazioni sulla ‘femminilità’.
Ma noi non vogliamo rinunciare a pensare che la fotografia possa oggettivare l’istante, anche nel caso in cui
sia l’esito di uno stratagemma. Aurora sa che la messa in scena serve alla commedia non certo alla vita, e fa
del suo lavoro il dispositivo di un disorientamento che ci sposta fuori dal vicolo cieco del prevedibile. Perché
il soggetto è un pretesto per riflettere sui meccanismi della visione.
Che questa sia la strada per evitare l’accecamento mediatico?

Maria Angelastri

Se la femminilità, la sensualità, il fascino fossero, come qualcuno dice, strumenti del male, allora Aurora Maletik sarebbe il diavolo in persona. Ecco perchè, come diceva Charles Baudelaire “Il più grande inganno che il diavolo abbia mai fatto è stato quello di convincere il mondo che non esiste.”

Giorgio Bertozzi

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